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Equilibrismi dell’anima
Scarpone della pace è il poema di Ada, una nonna bambina, che assieme al trisavolo Cenci attraversa le guerre e le persone in cerca di segni di pace. Un equilibrismo di anime che raccontano e si interrogano. Gli amici della storia del Novecento consegnano all’acuta ingenuità della piccola Ada la testimonianza dei loro sguardi puliti. I pensieri di Ungaretti, Schiele, Lorca, Benjamin, Artaud diventano i giochi con cui questa Bimba Arlecchino racconterà alle genti del futuro la pace degli eterni fanciulli. Abbiamo conosciuto le storie delle grandi guerre mondiali dai racconti dei nostri nonni (quei pochi che erano tornati) e, soprattutto, dalle nostre nonne, che raccontavano dei mariti e dei figli perduti. Ciò che tornava a casa, ci dicevano, era la piastrina di riconoscimento e, a volte, i loro scarponi. Lo scarpone che tornava era segno che tutto era finito, che il cammino di chi lo aveva portato si era fermato, ma che la preziosa protezione dei piedi (dal gelo, dal fango umido, dai rovi o dal filo spinato) poteva di nuovo essere lasciata in eredità ai figli e ai nipoti, per la cura dei campi e delle montagne in tempi di pace. Una pace così sofferta si sarebbe dovuta onorare portandola ai piedi delle generazioni future. Se anche i figli non erano tornati, erano le nonne a portare gli scarponi nei campi o negli orti, dapprima riempiendoli di bende di cotone per metterli a loro misura, poi usandoli come contenitori del frumento raccolto, dei semi, dei fagioli da piantare. È per questo che ogni primavera gli scarponi appesi al chiodo fuori dalla porta di casa cominciavano a germogliare, rallegrando gli usci, i balconi, le scale del patio, come una pacifica primavera fertilizzata dal sangue degli uomini e dal sudore delle donne.
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